lettera

Bastano le parole di questa lettera per capire chi è veramente don Luigi Ciotti. Non un semplice sacerdote, né un uomo qualunque, bensì un onesto cittadino al servizio della gente, di tutti coloro che chiedono aiuto e di chi non è capace o, peggio, non può. Si tratta di un uomo carismatico e di grande personalità, capace di parlare al cuore della gente per poterle dare una speranza di pace, di lealtà, di amore e di fede.
Pochi giorni fa, don Luigi Ciotti ha compiuto 70 anni. Vissuti sempre dalla parte giusta, quella del Vangelo, quindi degli ultimi. C’è da chiedersi se, in tutto questo tempo, ci sia mai stato per lui un giorno di vero riposo. Instancabile, don Luigi sembra non fermarsi mai. Destino inevitabile quando si è convinti che “il Vangelo mi spinge al fianco di chi fatica”. E chi fatica non sta mai fermo.

Da anni, don Luigi gira sotto scorta. I boss lo hanno minacciato, ma quando gli si chiede se ha paura, lui risponde sempre che Libera, un coordinamento di oltre 1600 associazioni impegnate a contrastare le mafie e la corruzione attraverso l’informazione e la denuncia, il lavoro educativo e i percorsi nelle scuole e nelle università, il sostegno delle cooperative nei beni confiscati e la vicinanza ai famigliari delle vittime nel segno di una memoria che vuole essere assunzione di responsabilità, e l’antimafia non sono una persona, ma “un noi in cammino”.

Nell’intervista che gli ha fatto don Antonio Sciortino quando Famiglia Cristiana, a fine 2014, lo ha nominato “italiano dell’anno”, don Luigi ha detto: “Una persona puoi minacciarla e credere di fermarla, un movimento e un impegno collettivo no”. Sì, è vero. Don Luigi non è solo e, nella sua semplicità, la stessa cerimonia di questa sera ne è la dimostrazione. Si tratta di un piccolissimo riconoscimento, il nostro, a testimonianza dell’immenso coraggio che ha profuso e continua a profondere per ribadire il diritto di tutti i cittadini ad avere una vita sicura e nella legalità. Ma è proprio con questo piccolissimo riconoscimento che la nostra Comunità intende dimostrare inequivocabilmente di sentirsi parte integrante di quel “noi in cammino”. Un “noi in cammino” che inizia il suo tragitto dal dovere di combattere la criminalità organizzata con tutti i mezzi e di non tacere, non accettare il malaffare, perché il silenzio uccide due volte. Un “noi in cammino” che sta al fianco dei famigliari delle vittime e di chi attende giustizia e verità. Un “noi in cammino” che deve essere alimentato e sostenuto da tutti. Nessuno escluso. Uno per uno. Perché le mafie non sono solo un fatto criminale, ma l’effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune.
Non a caso, in occasione dell’annuale assegnazione delle benemerenze cittadine, per la terza volta consecutiva, questa Civica Amministrazione ha deciso di conferire l’istituto della Cittadinanza Onoraria a personalità od Istituzioni costantemente esposti davanti ad una delle più grandi minacce alla democrazia italiana, le mafie. A tal proposito, ricordo con deferenza ed affetto il Procuratore Gian Carlo Caselli e saluto con ammirazione e riconoscenza le Donne e gli Uomini dell’Arma dei Carabinieri che si impegnano quotidianamente per affermare la legge e tutelare la sicurezza dei cittadini.
Proprio il Procuratore Caselli, con il quale, negli ultimi giorni, mi sono scambiato diverse mail, in merito alla scelta di conferire l’istituto della Cittadinanza Onoraria a don Luigi Ciotti, mi ha scritto:

“Conosco Luigi Ciotti (che di recente ha compiuto settant’anni)  da un bel po’ di tempo. In un’infinità di occasioni ho   potuto apprezzarne la sensibilità e l’impegno affettuoso nei confronti di tutti coloro che in un modo o nell’altro facciano “fatica”.

I giovani tossicodipendenti, vittime della droga e di una legge ultrasevera, che io e altri magistrati – nei primi anni Settanta – gli segnalavamo quando uscivano dal carcere, trovavano in lui e nel suo “Gruppo Abele” un prezioso riferimento. In una cascina del Monferrato Ciotti si inventò l’ “Università della Strada”, una provvidenziale scuola per operatori sociali tutta concretezza ed esperienza vissuta. Con la coraggiosa campagna “Educare, non punire” contro la legge Jervolino Vassalli, troppo ed inutilmente  severa verso i tossicodipendenti, contribuì vigorosamente a farla cambiare nei suoi punti peggiori.

Da queste iniziative ero stato a vario titolo coinvolto, per cui trovai naturale rivolgermi anche a Ciotti quando, dopo la morte di Falcone e Borsellino, dovevo decidere se trasferirmi alla Procura di Palermo. In lui, teorico e pratico – allora e oggi – del metodo di “sporcarsi le mani”, di mettersi in gioco e a disposizione quando ne valga la pena, senza troppo pensare ai propri interessi, trovai una “sponda” convincente. Che non venne mai meno durante la mia esperienza palermitana, mentre nascevano “Libera”, “Narcomafie” e tante altre iniziative di enorme significato sul piano della legalità e dell’antimafia. Autentiche boccate d’aria pulita che aiutavano nei momenti più difficili.

E’ un grave errore delegare la lotta alla mafia esclusivamente alle forze dell’ordine e alla magistratura. Molti ragionano con il sempre verde “armiamoci e partite”.  Ma senza il coinvolgimento della cittadinanza non si vince. Alle forme di mobilitazione di tipo volontaristico (nobili ma strutturalmente fragili) Ciotti è riuscito ad affiancare una forma efficace e permanente di organizzazione della società civile sull’intero territorio nazionale. Così è nata “Libera”, grazie alla quale il dogma culturale della lotta alla mafia da non delegare a poliziotti e magistrati – lasciandoli soli – è diventato realtà.

Decisiva è stata la destinazione a fini socialmente utili dei beni confiscati ai mafiosi, ottenuta con una legge (la 109/96) voluta da Libera e da Libera “imposta” con il traino irresistibile di un milione di firme raccolte. Sta qui la base dell’antimafia sociale. L’antimafia che paga in termini di lavoro e recupero di diritti. Che materializza la legalità come bene comune. Che fa dell’Italia un paese non solo di mafia ma anche dell’antimafia. Una conquista da difendere contro i tentativi del malaffare (sotto qualunque veste) di sporcare e lucrare. Tentativi che Ciotti da sempre denunzia con forza.

Per tutti questi motivi, con la decisione di conferire a Luigi Ciotti la cittadinanza onoraria,  il Comune di Riva Ligure non poteva fare scelta migliore.”

Ed è nella totale condivisione delle parole del Procuratore Caselli che ritengo un onore, nella qualità di Sindaco in carica, poter insignire dell’istituto della Cittadinanza Onoraria don Luigi Ciotti, per il suo impegno incisivo, graffiante, che toglie alle mafie la terra da sotto i piedi.

Onestà e dignità prima di tutto.

 

Riva prima di tutto.

W l’Italia.